"La priorità è che Telecom sia in grado di finanziare la rete di nuova generazione". Quindi, la priorità non è la rete in quanto tale, ma la possibilità per Telecom di finanziarla con ritorni economici proporzionati all’investimento.
Questo è il passaggio chiave dell’intervista di Franco Bernabè al "Sole-24 Ore" di ieri (5 giugno 2008).
L’amministratore delegato del gruppo di telecomunicazione dice che un solo operatore sarà in grado di coprire l’intero territorio italiano, e che questi non potrà essere che Telecom. Quindi: "O lo Stato ritiene di sviluppare direttamente la banda larga, come in Asia, oppure deve usare gli strumenti che ha con condizioni regolatorie e di redditività che consentano agli operatori di svilupparla".
Che significa questo? Che Telecom potrà realizzare la nuova infrastruttura solo se lo Stato le garantirà tariffe remunerative.
La società accusa una forte pressione sui margini, che sono in costante calo, è ancora molto indebitata, e può investire solo a fronte di ritorni sufficientemente remunerativi nel breve periodo. Solo a queste condizioni gli attuali soci di controllo (Telefonica, Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo e Benetton, riuniti nella Telco) sono disposti a scucire i soldi per un’opera a dir poco colossale.
Il problema non deriva soltanto dall’esposizione finanziaria della Telecom, ma anche dal fatto che nel settore delle reti la concorrenza non esiste. La società dominante, avendo l’obbligo di aprire la propria infrastruttura agli operatori terzi, ha scarso interesse a investirvi, e d’altro canto gli operatori "alternativi" avendo l’accesso assicurato alla rete Telecom, non hanno alcun interesse a sviluppare reti concorrenti. Ecco spiegato il messaggio di Bernabè al Governo: per fare la rete, Telecom deve essere messa nelle condizioni di poterci guadagnare.
E se la rete fosse scorporata da Telecom? Questa potrebbe essere l’altra soluzione. La nuova infrastruttura in fibra ottica serve all’economia italiana, rappresenta un fattore di sviluppo complessivo, per le imprese e le famiglie. E la banda larga che abbiamo oggi è insufficiente ai bisogni del Paese. Vi sono zone del Sud Italia, per fare solo un esempio, dove in alcune ore della giornata, quando i ragazzi cominciano a scaricare video e musica da Internet, l’accesso a certi siti diventa di fatto impossibile. In Giappone e in Corea del Sud le reti a fibra ottica fino a casa dell’utente sono state sviluppate dallo Stato. Ed esperienze analoghe sono in corso a Singapore, in Australia, Nuova Zelanda.
La nostra rete potrebbe essere scissa da Telecom e affidata a un azionariato pubblico-privato formato dal fondo per le infrastrutture F2I e da primarie banche d’affari internazionali.
Una decisione, in un senso o nell’altro, va comunque presa subito. Lo stato di paralisi in cui ci troviamo non giova a nessuno: né all’Italia né a Telecom (Italia).
Una volta tanto sono d’accordo con Telecom.
Se Telecom è obbligata a cedere i propri circuiti ad operatori terzi, perché dovrebbe farsi carico degli investimenti?
Se gli altri operatori sanno di poter prendere il circuito a costo zero da Telecom, perché dovrebbero sviluppare una loro rete?
C’è qualcosa che non va in tutto ciò. Un regime di concorrenza non è che si possa ottenere così, con qualche norma, senza fatica, come ritengono evidentemente i nostri governanti.
Ammetto di non avere molta fantasia, ma io vedo solo due possibili soluzioni (se qualcuno ne trova altre mi piacerebbe venirne a conoscenza):
1) Si affida la rete ad una società terza, indipendente (magari pubblica), che guadagni dall’affitto dei circuiti agli operatori, con pari opportunità. In questo modo la società in oggetto diventerebbe interessata a sviluppare la rete, tutti gli operatori avrebbero gli stessi costi per i circuiti, la concorrenza si avrebbe sul servizio offerto e sul margine rispetto all’affitto del circuito.
2) Si consente che altri operatori possano prendere i circuiti a costi bassi da Telecom, vincolandoli però ad un obiettivo di investimento sfidante: ad esempio, nell’arco di tre anni coprire con una propria rete il 90% della propria utenza e magari sul 90% del territorio nazionale. Pena, il rimborso del valore dei circuiti a Telecom a prezzi di mercato. Insomma, come era stato fatto per il roaming di Tim a Vodafone nella fase iniziale del lancio della telefonia mobile.