Le sconvolgenti rivelazioni di Maurizio Bianchi, il revisore della ex Grant Thornton che certificava i bilanci della Parmalat, sono passate quasi sotto silenzio, se si eccettuano gli scarni articoli di cronaca. Eppure, dalle sue dichiarazioni, durante il processo per aggiotaggio in corso a Milano, le responsabilità e le complicità di chi ha contribuito ad occultare per un decennio lo stato di dissesto della Parmalat emergono con evidenza.

L’udienza è quella del 24 gennaio 2008.

Questo il lungo racconto di Bianchi come emerge dal resoconto stenografico.

"Sono partito dal ’75 a lavorare in una società svizzera che risiedeva qui a Milano…e ho fatto per cinque anni il consulente amministrativo in una piccola Srl. Poi nel ’94 sono venuto in contatto con Grant Thornton (che allora si chiamava Hlb, ndr)".

Ed ecco la prima rivelazione. Il pubblico ministero Francesco Greco quasi non crede a quello che sente.

"…Credo che fosse il ’92, Assirevi aveva fatto un controllo di qualità in Hlb, proprio su Parmalat, e aveva riscontrato molte lacune nella revisione".

Dunque, l’Assirevi (Associazione italiana revisiori contabili) nel lontano 1992, ossia solo due anni dopo la quotazione indiretta in Borsa della Parmalat, aveva già avuto da ridire sul modo in cui la Hlb – futura Grant Thornton – aveva certificato il bilancio della Parmalat.

Il pubblico ministero Francesco Greco, che conduce l’interrogatorio, è esterefatto.

"E i rilievi erano per carenze organizzative nella revisione?", chiede.

Risposta: "Sì, organizzative e di controllo…specialmente sul consolidato".

E’ in questa fase che Bianchi comincia a occuparsi del bilancio Parmalat:

"…Mi avevano chiesto se potessi segurili in questo progetto".

"Penca stava già lì?", gli chiede Greco.

Penca è l’altro revisore della Grant Thornton imputato di concorso in bancarotta.

Bianchi: "Sì, sì. Lui credo che fosse lì da sempre"…Io non sono entrato sul lavoro di Parmalat, ma ho lavorato – andavo due o tre giorni alla settimana – in Hlb per fare i programmi di controllo, per fare istruzione del personale e così via…Poi a fine ’94…il partner che firmava Parmalat assieme a Penca improvvisamente se ne andò…nel mondo IT Vacanze (società turistica posseduta dalla famiglia Tanzi, ndr), gli avevano offerto una posizione lì. E a quel punto Penca mi ha offerto la possibilità di diventare partner di Hlb"

Dal 1994 al 2003, anno del crack, Maurizio Bianchi è dunque revisore dei conti Parmalat.

A questo punto Greco fa acquisire agli atti del processo il verbale di interrogatorio di Bianchi del 26 febbraio 2004. E chiede, rivolto a Bianchi:

"…Ha delle precisazioni da fare?". E Bianchi: "Vorrei fare delle precisazioni rispetto a quelle mie dichiarazioni, in quanto forse a questo punto è opportuno che io chiarisca meglio la mia posizione".

Il pubblico ministero strabuzza gli occhi.

"…Credo che fosse il bilancio ’96…Nel fare le verifiche delle banche – spiega Bianchi – risultò…che…c’erano dei conti finanziamento che non si trovavano nella contabilità al 31 dicembre di Parmalat Spa…Poi, verificando la contabilità di gennaio – quindi del mese successivo – ci si è accorti che improvvisamente questi conti riapparivano".

"L’entità di questa sparizione contabile se la ricorda?", gli chiede il pm.

Bianchi: "…Forse erano 300 (miliardi di lire, ndr)…Però io…la certezza di questo ammontare non l’ho mai avuta, perché purtroppo le conferme bancarie non sempre arrivavano tutte al completo…Questo veniva fatto per ridurre l’indebitamento da presentare poi nel bilancio….Di fronte a questa problematica andammo poi da Tonna (Fausto Tonna, direttore finanziario della Parmalat e braccio destro di Calisto Tanzi, ndr) il quale si decise a dichiarare che effettivamente loro facevano questa operazione…che però doveva essere una cosa momentanea, che nel giro di tre o quattro anni sarebbe stata sistemata…Quindi, sulla base di queste…assicurazioni di Tonna decidemmo di non dire nulla".

Pm: "Perché non dire nulla?".

Bianchi: "…Perché…ci aveva assicurato che…questo discorso sarebbe rientrato sicuramente nel giro di massimo tre o quattro anni; che l’avrebbero sistemata e che non ci sarebbe stato più nessun problema. Quindi aderiamo a questa sua richiesta di aiuto…".

Insomma, Granth Thornthon accetta di certificare i bilanci di Parmalat Spa pur sapendo che a partire dal 1996 centinaia di miliardi di lire vengono fatti comparire  e scomparire dal bilancio della capogruppo per mascherarne la reale situazione debitoria.

(PRIMA DI UNA SERIE DI PUNTATE)