Riceviamo e pubblichiamo

Enel nel 1998 ha esternalizzato il suo ufficio nucleare che aveva condotto (condotto non costruito) le quattro centrali nucleari italiane negli anni ’70; esternalizzazione fatta per eliminare rami secchi che ne avrebbero danneggiato il collocamento in Borsa (verità documentabile).
L’azienda è diventata la Sogin, che nel 1999, un anno dopo l’esternalizzazione, è stata acquistata dal Mef al 100% con il compito di smantellare il nostro sistema nucleare.  L’azienda è finanziata da una tassa sulla bolletta elettrica ed ha speso, tra il 2002 ed il 2006, 676 milioni di euro per un misero 6% di avanzamento lavori.

Nel 2005 l’Enel è rientrata nel nucleare acquistando a caro prezzo l’azienda elettrica slovacca SE proprietaria di quattro centrali nucleari di progettazione sovietica risalenti agli anni ’70, che non rispettano i criteri di sicurezza europei.
Nel 2006 ha concluso un accordo con Areva per avere una quota della prima centrale Epr che si sta costruendo in Francia, oggi bloccata per gravi problemi alla base di cemento che deve sorreggere il reattore.

Se nell’Est l’Enel vende energia elettrica senza preoccuparsi delle conseguenze per la popolazione, in Francia studia per imparare a costruire un Epr. Per questo ha assunto giovani ingegneri per costruire un nuovo reparto nucleare.

Solo nove anni fa il nucleare era un ramo secco da abbandonare e i costi di mantenimento in sicurezza delle centrali spente erano da rifilare alle famiglie italiane.
Oggi il nucleare tira, e l’Enel, che non deve preoccuparsi di spendere centinaia di milioni di euro senza alcun ritorno economico, intende investirvi ancora.

Ch pagherà questo secondo sbaglio?

Daniele Rovai

Non credo che l’Enel possa permettersi di spendere centinaia di milioni di euro nel nucleare senza la prospettiva di un ritorno economico. La società, come lei giustamente ricordava, è quotata in Borsa e annovera tra i suoi azionisti i grandi investitori istituzionali; i quali, di fronte a un’operazione palesemente in perdita, venderebbero il titolo provocandone il ribasso. E’ per questo che sostengo che l’Enel – la cui esposizione finanziaria ha superato in totale nel 2007 i 60 miliardi di euro – non può permettersi di contrarre altri debiti per investire nel nucleare.

Negli anni ’80 – giusto o sbagliato che fosse – fu lo Stato a imporre all’allora monopolista elettrico l’abbandono dell’energia atomica in seguito alla vittoria dei "si" al referendum contro il nucleare seguito all’incidente di Tchernobyl. Oggi non può essere più lo Stato a decidere quel che l’Enel deve fare. Il fatto che la società sia tuttora a controllo pubblico non può portare il Governo a ignorare gli interessi della maggioranza azionaria (che possiede circa il 70% dell’Enel). Il nucleare si farà soltanto se avrà gambe per camminare: se sarà remunerativo. Diversamente, dovrebbe essere lo Stato a finanziare in qualche modo l’Enel. Ma questo è alquanto difficile, perché ogni forma di sussidio, palese o occulto, è contraria al trattato dell’Unione e provoca reazioni rabbiose al suo interno (il caso Alitalia insegna).

Giuseppe Oddo