"C’è la possibilità di costruire in Italia quattro o cinque impianti da 1.800 megawatt ciascuno". Così Fulvio Conti in un’intervista ad "Affari & Finanza" di  "Repubblica" curata da Marco Panara. Tema: il nucleare.

Dice l’amministratore delegato di Enel: il costo di ognuno di questi impianti dovrebbe aggirarsi tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro. Quindi, nell’ipotesi che si possano realizzare quattro centrali, si dovrebbero spendere sui 14 miliardi:  uno l’anno per quattordici anni. Ed Enel sarebbe in grado di sostenere da sola la spesa? "Non avrebbe problemi", risponde Conti. E i debiti che ha? I debiti in sé non sono un problema – aggiunge Conti -, ciò che conta è la capacità di rimborsarli, e l’Enel ha un flusso di cassa che glielo permette.

Comunque, le soluzioni potrebbero essere le più diverse. "Si possono fare varie ipotesi – prosegue Conti -, si può creare un consorzio tra gli operatori interessati, oppure un consorzio tra gli operatori e i grandi consumatori, dalle grandi utilities all’industria siderugica, della carta e del cemento, oppure ancora un consorzio pubblico-privato".

Traduzione: Enel potrebbe anche farcela da sé; ma siccome è prudente non avventurarsi soli su un terreno così minato, dove bisogna superare ostacoli molto insidiosi (non ultima l’opposizione della maggioranza degli elettori che negli anni ’80 si espresse contro il nucleare), è bene costruire un ampio fronte di interessi formato da Enel ma anche da aziende come Edison e A2a (nata dalla fusione tra Aem Milano e Asm Brescia), dalle grandi imprese energivore e – perchè no? – anche dalle grandi banche.

Ma possono convivere sotto lo stesso tetto società tra loro in concorrenza? Questo è il dilemma.

Enel, dopo il collocamento in Borsa del 1999, è stato obbligato a dismettere 15mila megawatt di potenza per far spazio a nuovi operatori sul mercato italiano. L’hanno chiamata liberalizzazione. E una parte di questa capacità produttiva (6.800 megawatt) è stata acquisita da Edipower, la società di cui Edison possiede il 50%, A2a il 20% e la svizzera Atel un altro 20% (il restante 10% fa capo a Iride, scaturita dall’integrazione tra Aem Torino e Amga di Genova). Peraltro, la maggioranza assoluta di Edison (seconda impresa elettrica nazionale, dopo Enel) fa capo a una holding di cui la francese Edf detiene il 50%, mentre il restante 50% è ripartito tra un gruppo di public utilities di cui A2a ha la quota prevalente.

In pratica, consorziando Enel, Edison e A2a si verrebbe a creare un asse economico-industriale tra la società dominante del mercato elettrico nazionale, la sua più diretta concorrente e la principale azienda di distribuzione del Centro-nord. Questo asse avrebbe per di più due importanti propaggini internazionali in Edf e Atel: il colosso nucleare francese da cui Enel importa grandi quantitativi di elettricità e il gigante svizzero che ha appena chiesto l’autorizzazione a costruire in Canton Soletta un nuovo impianto di produzione di energia atomica.
Ma quali vantaggi darà al consumatore finale una concentrazione del genere? Qualcuno venga a dircelo. Le famiglie non hanno avuto alcun guadagno concreto dalla liberalizzazione del settore elettrico. Cosa verrà nelle loro tasche da questa "crociata" per il nucleare? Il Governo, l’Authority, l’Antitrust dicano, per favore, chiaramente a chi andranno i benefici reali di questa rinascita del nucleare in Italia.